Cass., Sez. 5, 4 luglio 2024, n. 18320, Pres. Fuochi Tinarelli, Est. Nonno – Dichiarazione prevista dall’art. 74 bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972

L’ordinanza (Cass., Sez. 5, 4 luglio 2024, n. 18320, Pres. Fuochi Tinarelli, Est. Nonno) ribadisce che la dichiarazione prevista dall’art. 74 bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 è equiparabile alla dichiarazione di cessazione di attività, con la conseguenza che la stessa, al pari della dichiarazione annuale, chiudendo il rapporto tributario antecedente alla procedura, fa sorgere, da quella data, il diritto di rimborso dell’IVA versata in eccedenza, ai sensi dell’art. 30, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972.
Si ricorda come l’ADE ha sempre manifestato il proprio disaccordo con questa interpretazione, affermando a più riprese la necessità di applicare l’IVA alle operazioni effettuate nel corso della procedura fallimentare, in quanto l’ADE ritiene che il Modello 74 bis (dichiarazione prefallimentare) non sia assimilabile alla dichiarazione annuale, poiché serve solo a rilevare la posizione IVA del fallito alla data della dichiarazione di fallimento, senza permettere la richiesta del rimborso dell’eccedenza detraibile o il versamento dell’imposta a debito (risoluzione 13 luglio 1995, n. 181/E).
Dunque, secondo la Suprema Corte, la dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) è equiparata alla cessazione dell’attività e legittima pertanto le imprese fallite a richiedere il rimborso dell’IVA per il tramite del curatore fallimentare (curatore nella liquidazione giudiziale), che deve presentare la dichiarazione IVA “prefallimentare” (Modello 74 bis) entro quattro mesi dalla sua nomina.

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